Le Regioni e l’autonomia differenziata

Nella riunione del 15 marzo 2023 il Consiglio di ministri ha approvato un disegno di legge che provvede alla definizione dei “principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, Cost, e delle “relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”. Il provvedimento fa seguito ad un’ampia discussione sull’attuazione di tale disposizione costituzionale, che si è svolta già a partire dalla fine della XVII legislatura, a seguito delle iniziative intraprese da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nel 2017 per il riconoscimento delle forme di ulteriore autonomia prevista dal citato articolo 117.
Il disegno di legge, sul quale è stato acquisito il parere della Conferenza unificata, è stato presentato per l’avvio dell’esame parlamentare al Senato (A.S. 615).
Il disegno di legge S. 615 reca disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata ex art. 116, terzo comma, Cost.. In particolare, il testo provvede alla definizione dei principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia e delle relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione.
In relazione al procedimento di approvazione delle “intese”, si stabilisce che l’atto di iniziativa per l’attribuzione di competenze ex art. 116, terzo comma, sia preso dalla regione interessata sentiti gli enti locali, secondo le modalità previste nell’ambito della propria autonomia statutaria. L’iniziativa di ciascuna regione può riguardare una o più materie o ambiti di materie. Segue il negoziato tra il Governo e la regione per la definizione di uno schema di intesa preliminare.
La richiesta deve essere trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il quale, acquisita la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell’economia entro i successivi trenta giorni, avvia il negoziato con la Regione richiedente. Lo schema d’intesa preliminare tra Stato e regione, corredato di una relazione tecnica, è approvato dal Consiglio dei ministri: sullo stesso deve essere acquisito il parere della Conferenza unificata da rendere entro trenta giorni. Trascorso tale termine, lo schema preliminare viene comunque trasmesso alle Camere per l’esame da parte dei competenti organi parlamentari, che si esprimono con atti di indirizzo, secondo i rispettivi regolamenti, entro sessanta giorni.
Alla luce del parere e degli atti di indirizzo, il Presidente del Consiglio o il Ministro predispongono lo schema di intesa definitivo, ove necessario al termine di un ulteriore negoziato e comunque una volta decorso il termine di sessanta giorni.
Per le fasi successive, si prevede l’approvazione dell’intesa definitiva da parte della regione e la deliberazione da parte del Consiglio dei ministri dell’intesa definitiva e del disegno di legge di recepimento dell’intesa previsto dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Al riguardo il provvedimento fa riferimento ad un disegno di legge di approvazione dell’intesa che è allegata al disegno di legge.
Le intese devono anche indicare la loro durata, che non può comunque essere superiore a un decennio. Ciascuna intesa individua i casi in cui le disposizioni statali vigenti nelle materie oggetto di intesa con una Regione, approvata con legge, continuano ad applicarsi nei relativi territori della Regione fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali disciplinanti gli ambiti oggetto dell’intesa.
L’intesa può essere modificata su iniziativa dello Stato o della regione e può prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la regione possono chiederne la cessazione, da deliberare con legge a maggioranza assoluta delle Camere. Alla scadenza del termine, l’intesa si intende rinnovata per un uguale periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della regione, manifestata almeno un anno prima della scadenza.
In relazione ai principi applicabili al trasferimento delle funzioni, il disegno di legge stabilisce che l’attribuzione di nuove funzioni relative a materie o ambiti di materie riferibili ai “diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) secondo la procedura prevista dalla normativa vigente (articolo 1, commi da 791 a 801, legge n. 197 del 2022), e dei relativi costi e fabbisogni standard.
Il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard sarà attuato nel rispetto degli equilibri di bilancio e dell’articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196). Qualora dalla determinazione dei LEP derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, si potrà procedere al trasferimento delle funzioni solo successivamente ai provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio. Qualora, successivamente alla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’intesa, siano modificati i LEP con il relativo finanziamento o ne siano determinati ulteriori, la Regione interessata sarà tenuta alla loro osservanza, subordinatamente alla revisione delle relative risorse. Il Governo o la regione potranno, anche congiuntamente, disporre verifiche su specifici profili sul raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni.
Il trasferimento delle funzioni non riferibili ai LEP, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, potrà essere effettuato dalla data di entrata in vigore delle intese, nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente.
Il provvedimento prevede infine che la legge trovi applicazione anche alle regioni che abbiano già avviato il negoziato per il riconoscimento dell’autonomia differenziata.

L’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, prevede che forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di legislazione concorrente (di cui all’articolo 117 terzo comma della Costituzione) e l’organizzazione della giustizia di pace, le norme generali sull’istruzione e la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (articolo 117, secondo comma, lettere l), n) ed s), possono essere attribuite alle regioni a statuto ordinario con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119 in materia di autonomia finanziaria degli enti territoriali. La legge deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, sulla base dell’intesa fra lo Stato e la regione interessata.
Alla fine della XVII legislatura, il 28 febbraio 2018, il governo Gentiloni ha sottoscritto con le tre regioni (Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto) che avevano avviato il percorso per il riconoscimento delle forme di autonomia differenziata previste dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione (su cui cfr. l’apposito focus), tre distinti accordi preliminari che hanno individuato i principi generali, la metodologia e un (primo) elenco di materie in vista della definizione dell’intesa.
Con l’inizio della XVIII legislatura (governo Conte I) tutte e tre le regioni con le quali sono state stipulate le c.d. pre-intese hanno manifestato al Governo l’intenzione di «ampliare il novero delle materie da trasferire» (Camera dei deputati, Interrogazione a risposta immediata n. 3-00065, 11 luglio 2018). Nel frattempo, altre regioni, pur non avendo firmato alcuna pre-intesa con il Governo, hanno espresso la volontà di intraprendere un percorso per l’ottenimento di ulteriori forme di autonomia (sono pervenute ufficialmente al Governo le richieste di Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Marche e Campania). Sono quindi riprese le trattative tra le tre regioni e i Ministeri interessati ratione materiae nell’ambito dell’attività di coordinamento in capo al Ministro pro tempore per gli affari regionali.
Nella seduta del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2018 è stata condivisa l’informativa svolta dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie in merito al percorso di attuazione dell’autonomia differenziata richiesta dalle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Nella successiva seduta del Consiglio dei ministri n. 44 del 14 febbraio 2019, il Ministro per gli Affari regionali “ha illustrato i contenuti delle intese. Il Consiglio dei ministri ne ha preso atto e condiviso lo spirito”. I testi delle bozze di intese sono stati pubblicati sul sito del Dipartimento Affari regionali della Presidenza del Consiglio, in un testo concordato tra Governo e ciascuna delle tre regioni, limitatamente alla “parte generale”, comune alle tre intese.
Nel corso del 2019 sulle richieste pervenute e sul percorso di definizione delle intese si è aperto un ampio dibattito. Le questioni oggetto di discussione hanno riguardato, tra le altre, le modalità del coinvolgimento degli enti locali, il ruolo del Parlamento e l’emendabilità in sede parlamentare del disegno di legge rinforzato che contiene le intese (in proposito, in particolare veniva discussa l’ipotesi, avanzata anche dal documento conclusivo dell’indagine conoscitiva svolta alla fine della XVII Legislatura dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali, di una sostanziale inemendabilità del disegno di legge in quanto volto a recepire un’intesa, come avviene per i disegni di legge di recepimento di intese con confessioni religiose diverse dalla cattolica ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione) nonché la definizione dell’ampiezza delle materie da attribuire. Altro oggetto di discussione se, dal punto di vista finanziario, il trasferimento delle competenze dovesse avvenire previa definizione dei costi standard e, nelle materie dove siano previsti, dei Livelli essenziali di prestazione (LEP) ovvero anche precedentemente alla loro definizione sulla base della spesa storica (soluzione ipotizzata dagli accordi preliminari del febbraio 2018). A questo proposito merita anche segnalare che la definizione dei LEP è stata successivamente inserita tra le riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) con scadenza marzo 2026.
Successivamente, nell’ambito del governo Conte II, è prevalso l’orientamento a far precedere la stipula delle intese dall’approvazione di una legge-quadro che definisca le modalità di attuazione dell’articolo 116, terzo comma. A partire dalla nota di aggiornamento al DEF 2020 la “legge-quadro” è stata inserita tra i provvedimenti collegati alla manovra di bilancio.
Tale orientamento è stato poi confermato nell’ambito del governo Draghi, come segnalato nelle audizioni svolte dalla Ministra per gli Affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale il 26 maggio 2021 e presso la Commissione bicamerale per gli affari regionali il 13 luglio 2021 e dal vice Ministro dell’economia, Laura Castelli presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale il 9 giugno 2021.
Parallelamente, per approfondire le questioni legate al percorso di attuazione del “regionalismo differenziato” la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha svolto tra marzo 2019 e marzo 2021 un’indagine conoscitiva nell’ambito della quale sono stati ascoltati rappresentanti del Governo, rappresentanti degli enti territoriali nonché studiosi ed esperti della materia oggetto dell’indagine e approvato, all’unanimità, nella seduta del 12 luglio 2022 un documento conclusivo. Con particolare riferimento agli aspetti dell’autonomia finanziaria, la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale ha svolto un ciclo di audizioni.
Tra le altre cose, il documento conclusivo della Commissione parlamentare per le questioni regionali, rileva che “risulta necessario dal punto di vista politico procedere all’approvazione di una legge-quadro che disciplini il procedimento di attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione […] al tempo stesso, occorre comunque proseguire il negoziato in corso con Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, in modo che esso trovi una definizione, per rispettare la volontà espressa dalle popolazioni di Lombardia e Veneto e dalle forze sociali, economiche e politiche dell’Emilia-Romagna. Dovranno poi essere previste – prosegue il documento – nell’ambito della legge-quadro e fermo restando il rispetto dell’autonomia regolamentare delle Camere, modalità adeguate di coinvolgimento del Parlamento nel processo di stipula delle intese. Questo coinvolgimento potrebbe essere innanzitutto garantito attraverso la trasmissione alle Camere degli schemi preliminari delle intese prima della loro firma definitiva per le conseguenti deliberazioni parlamentari, garantendo in questo quadro un ruolo significativo per la Commissione parlamentare per le questioni regionali”
Il documento rileva anche che “è necessario compiere uno sforzo per giungere alla completa definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie concernenti l’esercizio dei diritti civili e sociali”, segnalando che, nelle altre materie si può procedere a un immediato trasferimento di competenze. Inoltre, il documento propone che “per le materie LEP, la definizione di questi ultimi dovrebbe avvenire in tempi certi, ad esempio entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge-quadro”. “Rimane da approfondire – prosegue il documento – quali possano essere le soluzioni alternative transitorie per consentire l’avvio del regionalismo differenziato in caso di ritardi nella predisposizione dei LEP. Si tratta di un tema complesso sul quale la Commissione non ritiene di esprimere un proprio indirizzo in questa fase. Esso però dovrà essere necessariamente affrontato nell’ambito dell’esame parlamentare della legge-quadro. Tra le ipotesi emerse nel corso dell’indagine vi è quella di procedere al trasferimento di funzioni anche nelle materie LEP, in attesa e in parallelo all’individuazione dei LEP, con invarianza di spesa storica, assumendo come riferimento i valori medi pro-capite della spesa statale per l’esercizio delle stesse funzioni. La priorità deve comunque essere assegnata ad una rapida definizione dei LEP.”. A tal fine, il documento prospetta ” in parallelo all’approvazione della legge quadro, a un’autonoma previsione legislativa di modifica dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 68 del 2011, in modo da conferire una delega legislativa al Governo in materia, con termini ridotti e criteri ben definiti; la delega potrebbe consentire di coinvolgere il sistema delle autonomie territoriali nella fase di predisposizione degli schemi di decreto legislativo; inoltre la legge delega potrebbe prevedere il parere parlamentare da parte delle commissioni bicamerali per le questioni regionali e per il federalismo fiscale, oltre che da parte delle commissioni permanenti di Camera e Senato; si potrebbero anche prevedere informative periodiche alle medesime commissioni sullo stato di avanzamento della predisposizione dei LEP; la delega dovrebbe anche riguardare, una volta definiti i LEP, la predisposizione dei conseguenti fabbisogni e dei costi standard”.