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Il Consiglio dei ministri ha approvato il testo del decreto che fa ripartire la progettazione e la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. Il ponte è una delle infrastrutture più discusse in Italia negli ultimi decenni. Verrà ripreso il progetto del 2011, con il ponte a una sola campata.

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge sulla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, giovedì 16 marzo. La norma dovrà passare dall’approvazione del Parlamento per diventare una legge, ma attualmente è già in vigore. Il ponte sullo Stretto è una delle infrastrutture più discusse degli ultimi decenni in Italia: il progetto era stato bloccato dal governo Monti nel 2012, e proprio da quel progetto ripartiranno i lavori nei prossimi mesi, nelle intenzioni del governo Meloni.

Il contenuto principale del decreto approvato, che non è ancora disponibile – nonostante una bozza circolata poco prima dell’approvazione chiarisca i contenuti – è la ricostituzione della società Stretto di Messina Spa. Si tratta di una società nata nel 1981 sempre con lo scopo di costruire il ponte, e che dopo decenni era stata messa in liquidazione nel 2013. Il decreto legge è stato approvato “salvo intese”, cioè con un’intesa sulle linee generali ma con alcuni aspetti tecnici che sono ancora da definire e su cui non c’è un accordo definitivo. Il testo prevede comunque che il progetto esecutivo sia approvato entro il 31 luglio 2024.

Si riparte dal progetto costruttivo del 2011

Ci sarebbero quindi due piloni, uno posizionato in Sicilia e uno in Calabria – di un’altezza stimata di circa 400 metri, superiore alla torre Eiffel – senza altri sostegni nel mezzo. Il pilone siciliano dovrebbe sorgere nell’area di Messina: una delle ipotesi è vicino al paese di Ganzirri, l’altra vicino a Falcata. Quello calabrese sarebbe vicino a Reggio Calabria: o a Punta Pezzo o a Concessa. Il progetto è di un ponte strallato, cioè retto da dei cavi di acciaio e non da ulteriori piloni.

Si tratterebbe del ponte di questo tipo più lungo al mondo: per fare un paragone, il ponte di Brooklyn a New York è lungo circa 1,8 chilometri e alto 84 metri. L’altezza è ridotta anche perché non si tratta di un ponte a una sola campata. Attualmente, il ponte più lungo al mondo è quello sullo stretto di Akashi, in Giappone: è lungo 3,9 chilometri, ma la campata più lunga è di ‘solo’ 1,9 chilometri. Il progetto attuale del ponte sullo Stretto di Messina, quindi, diventerebbe il ponte a campata unica più lungo al mondo. L’opera è discussa da decenni, come detto, e il progetto ha una lunga storia di continui rinvii, tra pro e contro della costruzione.

Storia del ponte sullo stretto di Messina

Nel 1968, con la legge 384, l’Italia diede ad Anas, alle Ferrovie dello Stato e al Consiglio nazionale delle ricerche il compito di valutare se un ponte sullo Stretto di Messina fosse tecnicamente fattibile. Nel 1971, al termine della valutazione, il governo guidato da Emilio Colombo decise di autorizzare la creazione di una società per progettare, creare e gestire il ponte.

Nel 1981, come detto, il governo Forlani creò la Stretto di Messina Spa. Il primo sopralluogo si svolse quell’anno, a settembre. Negli anni successivi, dopo lunghi dibattiti e numerosi rinvii, si abbandonò l’idea di un ponte a più campate per andare verso un progetto a campata unica.

Tra gli anni Novanta e Duemila ci furono diversi passaggi tecnici verso la realizzazione: la Stretto di Messina Spa presentò un progetto nel 1992, e il Consiglio superiore dei lavori pubblici diede parere favorevole nel 1997. Nel 2001, durante la campagna elettorale Silvio Berlusconi disse che i lavori sarebbero ripresi sotto un suo eventuale governo, e che sarebbero finiti entro il 2012. Nel 2003, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile approvò il progetto preliminare del ponte.

Nel 2005, sempre durante il governo Berlusconi, il consorzio Eurolink, guidato dalla società Salini-Impregilo, vinse il bando per la realizzazione dell’opera, e venne steso il piano finanziario: 2,5 miliardi di euro a disposizione, più 1,85 miliardi finanziati attraverso prestiti dalle banche e 1,81 miliardi con prestiti obbligazionari. Il costo totale previsto era di 6,16 miliardi di euro. Nel 2006, furono finalizzati anche gli ultimi accordi.

Il governo Prodi, in carica proprio dal 2006, fermò il progetto nel 2008: erano troppi i dubbi sulla possibilità tecnica di portare avanti i lavori, sui rischi sismici nelle due Regioni, e sulla effettiva utilità – anche economica – del ponte sullo Stretto di Messina. Tornato al governo, Silvio Berlusconi fece ripartire il progetto tra il 2008 e il 2011, ma nel 2012 arrivò il governo tecnico di Mario Monti. Dato che la situazione economica dell’Italia richiedeva di concentrare l’attenzione altrove, il progetto fu bloccato e la società Stretto di Messina messa in liquidazione. Fino al 2023, la gestione della società è stata in mano Vincenzo Fortunato, nominato commissario liquidatore.

I contratti furono sospesi, cosa che portò a una causa legale del consorzio Eurolink. I giudici, però, hanno dato ragione al governo in primo grado, nel 2018. L’appello è stato fissato per il settembre 2023, ma in passato i vertici di Impregilo si sono detti pronti a rinunciare alla causa se i lavori fossero ripartiti. Nel 2020, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha creato una commissione per valutare il progetto, rilanciando l’idea di un ponte su tre campate finanziato con soldi pubblici. Nel 2022 è stato deciso un nuovo studio di fattibilità. Infine, il 16 marzo 2023 il governo Meloni con un decreto ha riavviato la progettazione dell’opera, inclusi i vecchi contratti vigenti.

Serve davvero un ponte sullo Stretto?


Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Traporti, ha parlato in moltissime occasioni negli ultimi mesi del progetto del ponte e della sua volontà di costruirlo. Tra i punti a favore del ponte citati da Salvini c’è l’impatto sulle emissioni inquinanti: “Si risparmieranno almeno 140 mila tonnellate di co2 nell’aria e si ripulirà il canale di Sicilia”, ha detto, definendo il ponte sullo Stretto di Messina “la più grande opera green al mondo”. Gli aspetti menzionati dai sostenitori del ponte sono in effetti anche quelli legati alla riduzione del traffico: si ridurrebbe anche il numero di navi che attraversano lo Stretto, soprattutto i traghetti che attraversano il tratto di mare trasportando auto e treni.

In più, per quel che riguarda i grandi costi di realizzazione, c’è chi sostiene che verrebbero recuperati sia tramite il pedaggio per l’attraversamento, sia con i benefici al commercio e al turismo. Il tempo di attraversamento dello Stretto si ridurrebbe da 45 minuti (ma anche alcune ore, contando il tempo di imbarco) a una ventina di minuti circa.

L’impatto economico potenzialmente positivo riguarderebbe anche l’occupazione: non ci sono stime precise, ma Salvini ha parlato di “decine di migliaia di persone” coinvolte nella realizzazione del ponte. Oltre alle imprese di costruzione, ci sarebbero tutte le aziende dell’indotto collegato.

I limiti del progetto tra rischio sismico e costi


I critici del ponte, invece, hanno sottolineato soprattutto due aspetti: il rischio sismico della zona, e i grandi costi che supererebbero i vantaggi della nuova infrastruttura, oltre all’indubbio impatto ambientale di una costruzione così imponente. Per quanto riguarda i costi, la Corte dei Conti nel 2009 ha stimato che i costi solo nel periodo 1982-2005 siano stati di circa 130 milioni di euro, mentre altre ricostruzioni hanno indicato un totale tra i 300 e i 600 milioni di euro, includendo i costi di gestione, gli studi, gli stipendi dei dipendenti…

Una stima del costo complessivo per realizzare l’opera, non ufficialmente condivisa dal governo Meloni, è di circa 10 miliardi di euro. Una quantità simile di denaro, peraltro nello stesso periodo in cui viene riformato il codice degli appalti e vengono ‘accelerate e sburocratizzate’ le procedure, potrebbe portare anche al rischio di infiltrazioni criminali negli appalti, forniture, consulenze e altri ambiti della progettazione e realizzazione.

Allo stesso tempo, sostiene chi si oppone al progetto, i vantaggi sulla mobilità si potrebbero ottenere anche migliorando la rete interna dei trasporti ferroviari in Calabria e in Sicilia. Secondo Agostino Santillo, vicepresidente del gruppo del Movimento 5 stelle alla Camera intervistato da Fanpage.it, “l’unica certezza è che si riattiva un carrozzone mangiasoldi, la “Stretto di Messina Spa”, e si crea una nuova girandola di poltrone. Tutto il resto è avvolto nella nebbia”.

C’è poi l’aspetto del rischio sismico. Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha dichiarato che non c’è alcun rischio sismico per la realizzazione del ponte. Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha spiegato a Fanpage.it che invece quella tra Sicilia e Calabria è “una zona notoriamente soggetta a terremoti tra i più forti che possono avvenire in Italia” perché “interseca una serie di faglie attive”. Detto questo, ha chiarito Doglioni, “gli ingegneri sismici italiani sono in grado di realizzare un ponte che possa resistere a eventi di questo genere”. La cosa importante è che “vengano adottati criteri tali per cui il ponte stesso sia in grado di resistere a qualsiasi fenomeno si verifichi”, anche “al più forte terremoto che possa mai avvenire”.

 

 

 

 

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