Emanuele Felice


Originario di Vasto, laureato in Economia all’Università di Bologna, ha conseguito il dottorato in Storia economica presso l’Università di Pisa e si è poi specializzato presso la London School of Economics, la Universitat Pompeu Fabra, la Harvard University.
Dal 2022 è professore ordinario di politica economica presso la Libera università di lingue e comunicazione IULM di Milano, dove insegna Economia della cultura e Storia economica. Nel 2021 e 2022 è stato anche Lecturer di Economic History presso la LUISS – Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli.
Nel 2015 e 2016 è stato editorialista per La Stampa, dal 2017 al 2020 è stato editorialista per La Repubblica e L’Espresso, dal 2020 è editorialista per il quotidiano Domani.
Nel 2017, a soli 40 anni, ha ottenuto quattro abilitazioni come professore ordinario (in Politica economica, Economia applicata, Storia economica, Storia contemporanea.
Opere e pensiero
Fra le sue opere più significative, figurano le seguenti : Perché il Sud è rimasto indietro (2013), Ascesa e declino. Storia economica d’Italia (2015), Storia economica della felicità (2017) e La conquista dei diritti. Un’idea della storia (2022).
Il libro Il Sud, l’Italia, l’Europa. Diario civile (2019), è una raccolta ragionata degli editoriali scritti dal 2014 al 2018 il cui tema centrale è il recente declino, in Italia, dell’economia e della democrazia.
Questione meridionale e disuguaglianze
All’inizio, la sua attività di ricerca si è rivolta soprattutto alla ricostruzione storica dei divari regionali in Italia e alla loro interpretazione: in diversi articoli specialistici ha elaborato stime del PIL e della produttività delle regioni italiane, dall’Unità d’Italia al secondo dopoguerra, come pure dell’Indice di sviluppo umano e di altri indicatori sociali (istruzione, speranza di vita. Felice ha così proposto un quadro interpretativo di lungo periodo per spiegare i diversi andamenti regionali, basato sul ruolo del contesto sociale e delle istituzioni, e delle classi dirigenti che da quel contesto derivano: dove vi sono maggiori disuguaglianze interne e istituzioni estrattive, le classi dirigenti tendono più facilmente a strategie opportunistiche (che si legano anche al clientelismo e all’illegalità), che frenano la crescita, portando a una sorta di “modernizzazione passiva”. L’economista e storica dell’economia Deirdre McCloskey ha definito “splendido” il lavoro di Emanuele Felice sui divari Nord-Sud.
Con il libro Perché il Sud è rimasto indietro (2013), Felice ottiene una certa notorietà anche al di fuori dei circoli accademic, suscitando un certo dibattito tra i fautori e gli oppositori della sua tesi, su diversi quotidiani. Fra gli altri, l’economista Michele Salvati, nel recensire il libro per il Corriere della Sera, l’ha definito “Un lavoro importante (…) molto utile e facilmente leggibile, a tratti appassionante, per chi voglia disporre di una interpretazione documentata dell’origine e della permanenza dello sviluppo dualistico del nostro Paese”, ed ha accostato per il valore delle sue ricerche Emanuele Felice allo storico Luciano Cafagna. Antonio Polito ha scritto di “una infiammata disputa storiografica che ha accesso il libro di Emanuele Felice (…) Dalle colonne del Corriere del Mezzogiorno a quelle del Mattino, sostenitori e detrattori delle tesi del giovane storico di origini abruzzesi si stanno affrontando senza esclusione di colpi”.